«Ho vinto, ho perso, ma l’unica cosa che conta è che mi sono divertito come un matto.» Kristian Ghedina
«Ghedina incarna davvero lo spirito più libero del discesista.» Giovanni Veronesi
«In verità, ho sempre fatto un gran tifo per Kristian, un tifo speciale, direi affettivo.» Paolo De Chiesa
«Diciamo che eravamo due che rallegravano un po’ l’ambiente.» Alberto Tomba
«È un libro aperto Kristian Ghedina, è un tipo così come lo vedi, senza filtri né maschere. È “Ghedo”, punto.» Lorenzo Fabiano
La velocità nell’anima, che sia sugli sci o al volante delle macchine da corsa in pista poco conta. È vitale. Tredici vittorie in Coppa del Mondo, trentatré podi, tre medaglie mondiali, quelle olimpiche il suo tallone d’Achille; almeno fino all’avvento sulla scena di Dominik Paris, Kristian Ghedina è stato il più forte discesista che l’Italia abbia mai potuto mettere in pista dagli epici tempi di Zeno Colò. E tuttora ha un posto tutto suo tra i grandi dello sci alpino.
Una storia che è il romanzo di una vita segnata dal dolore per la tragica scomparsa della madre quando aveva appena quindici anni e di una carriera divisa in due, prima e dopo l’incidente in macchina del 1991 in cui rischiò seriamente lui stesso di perderla, la vita. Ha vinto e ha perso, è caduto e si è rialzato: sempre con il sorriso. «Per me la vittoria più bella è essere quello che sono» dice.
Kristian Ghedina è stato, ed è tuttora, il campione della gente; è pop, inteso come “popolare” nella più pura accezione del termine. In una parola dici “Ghedo” e respiri empatia. Un esempio di cosa debba essere un campione vero.